Gruppo Speleologico Gualdo Tadino
BUCO BUCONE
ESPLORAZIONI :
Al termine di una visita alle Cave delle Macine, modesta cavità artificiale sul monte Serra Santa, in cui Augusto Bossi ci fu guida, lo stesso, dal piazzale dell'eremo della Trinità, c'indicò un vago punto sulla costa sottostante in cui avrebbe dovuto aprirsi un piccolo buco. Dopo un infruttuoso tentativo per ritrovarla, il 04.06.1977 ricorremmo ancora ad Augusto, che condusse sul posto Vittorio Carini, Arnaldo Polidoro, Marco Rosi, Luigi Vecchiarelli, prestando loro una pala per i primi saggi di scavo. Pur trattandosi di una modesta buca seminascosta nel prato, in cui a stento un uomo poteva accovacciarsi, intrigante fu il ritrovamento di frammenti di concrezioni calcaree, perciò scavi via via più imponenti furono intrapresi, complice la facilità con cui la zona poteva essere raggiunta e la caparbietà che contraddistingueva i soci fondatori del Gruppo. Da allora la lunga opera di disostruzione portata avanti dal GSGT (m 11 di profondità in un pozzo del diametro di circa m 2) proseguì con impegno per tutta l'estate del 1977, poi con alterne vicende nel '78, '80, '81, fino a riprendere con vigoria nel 1982, per un totale di 63 giornate di scavo. Incredibile la tenacia dimostrata dal Gruppo, di formazione recente, che di Buco Bucone fece il punto d'incontro di tanti giovani gualdesi che vollero credere nell'avventura, creando così un forte ed affiatato nucleo d'uomini che caratterizzarono la speleologia gualdese negli anni '80. Vittorio Carini, Gianluigi Guerra, Fabio Ippoliti, Mara Loreti, Giancarlo Matarazzi, Pier Giuseppe Moroni, Giuseppe Pasquarelli, Celestino Petrelli, Arnaldo Polidoro, Sergio Spinosi, Mauro Tavone, Carlo Troni i più assidui agli scavi, ma anche Graziano Anderlini, Tiziana Fusaro, Mauro Giubilei, Rosanna Guerra, Sauro Lupi, Giovanni Mancini, Luigi Pascucci, Marco Rosi, Piero Salerno, Marco Trionfera, Luigi Vecchiarelli: se si elencassero anche le presenze occasionali, registrate nelle relazioni d'attività del Gruppo, avremmo un totale di 53 persone che presero parte in questi anni alla disostruzione di Buco Bucone. Dal primitivo treppiede con pali di legno, cui era appesa una carrucola, si progredì fino all'incastellatura di ferro con tiro elettrico e gruppo elettrogeno, che solo in ultimo fu d'ausilio alla forza delle braccia, principale motore che ha sollevato quintali di detriti, dai più minuti ai massi più pesanti. Dopo un'ennesima domenica consumata a riempire secchi di sassi, ad alternarsi agli scavi sul fondo ed al tiro all'esterno, che aveva impegnato Tiziana Fusaro, Mara Loreti, Giuseppe Pasquarelli, Celestino Petrelli, Piero Salerno, Sergio Spinosi e Mauro Tavone, martedì 30 agosto 1982, in un pomeriggio come tanti altri in cui si scendeva nel pozzo a controllare l'avanzamento dei lavori e si saggiava qua e là per cercare un indizio, un soffio d'aria che indicasse una prosecuzione, Vittorio Carini, assistito all'esterno da Mara Loreti, perforò uno strato di fango e, intuendo di aver raggiunto uno spazio vuoto, dopo frenetici scavi liberò un passaggio oltre il quale il pozzo proseguiva, finalmente nel vuoto. Ripetuti lanci di sassi sondarono l'abisso, ogni eco dei quali alimentava i sogni vagheggiati negli anni trascorsi a guardare con occhi chiusi oltre quelle rocce. L'avventura ebbe inizio il giorno dopo, 31 agosto, quando, allargata ed armata con spit la strettoia, Gianluigi Guerra scese fino ad un primo ripiano, poi frazionando raggiunse il fondo di quello che sarà chiamato Pozzo Mara (p. 22). Col fiato sospeso Vittorio Carini e Mara Loreti aspettavano per raggiungere il compagno sul fondo, col fiato sospeso attendevano nel primo pozzo ed all'esterno Mauro Tavone, Sergio Spinosi, Giuseppe Pasquarelli, Giuseppe Venarucci, Pier Giuseppe Moroni, Celestino Petrelli, Serafino Bonci, Arnaldo Polidoro, Moira Passeri, Fabio Ippoliti: ma la grotta si prese gioco dei suoi esploratori, non per la prima né per l'ultima volta. Nessuna prosecuzione evidente, solo un pavimento con grossi massi, a m -40 di profondità. Dopo alcuni lavori di consolidamento del pozzo e miglioramento dell'armo, il 12 settembre si ricominciò a scavare, tra i macigni che venivano in parte spostati, in parte assicurati con cavi d'acciaio alle pareti, fino a liberare un cunicolo, poi detto "la truppella", ossia la trappola, in cui il 19 settembre s'incuneava Vittorio Carini fino a sbucare sull'orlo di un nuovo gran pozzo. L'urlo "continua !" raggiunse di là dalla strettoia Celestino Petrelli, Giuseppe Pasquarelli, Giuseppe Venarucci e Mara Loreti, che uscirà malconcia per un ribaltamento nella foga degli scavi. L'urlo raggiunse poi l'esterno, dove attendevano Fabio Ippoliti e Pier Giuseppe Moroni. Il 9 ottobre si attaccò il pozzo (P. 25), chiamato in tale occasione Po per l'ossessionante motivetto intonato da Venarucci: armandone la sommità e frazionando due volte, scese Graziano Anderlini, seguito da Vittorio Carini, Mauro Tavone, Giuseppe Venarucci, Mara Loreti, Carlo Troni, con Pier Giuseppe Moroni in appoggio esterno. Si uscì con le stelle, dopo la mezzanotte, come si amava fare in quei tempi, per dormire a Valsorda, e la mattina seguente si avvicendava un'altra squadra (Gianluigi Guerra, Giancarlo Matarazzi, Arnaldo Polidoro, Giuseppe Pasquarelli, Celestino Petrelli, con Pier Giuseppe Moroni, Tiziana Fusaro ed Italo Scatena in appoggio esterno ed in contatto telefonico con i primi). Dal fondo del pozzo Po, dove due faglie s'incrociano, si proseguì scendendo il pozzo Cecapolli (P. 10), alla base del quale un'altra frana occludeva la via. Dopo altre uscite dedicate a migliorare la via di discesa, bonificando i pozzi dai massi in bilico e curando l'armo, il 21 novembre, dopo breve disostruzione, si praticò un passaggio nel caos di massi fino ad una strettoia che immetteva in una buia voragine (P. 16, pozzo Speranza), in cui irruppe la squadra composta da Celestino Petrelli, Mara Loreti e Mauro Tavone, atterrando in un terrazzo sotto al quale più vie proseguivano in verticale. Il 28 novembre scesero nell'abisso, per il rilevamento topografico e per esplorare, Giuseppe Pasquarelli, Celestino Petrelli, Mara Loreti, Mauro Tavone, Giuseppe Venarucci, Vittorio Carini e Giancarlo Matarazzi. Mara Loreti discese il primo pozzo (P. 30, Cometa Rossa) irrimediabilmente chiuso, poi si proseguì per un breve salto verso un secondo pozzo, che presentava due ingressi comunicanti. Quest'ultimo, chiamato pozzo San Niccolò (P. 29) proprio perché raggiunto nella sera del 5 dicembre, quando a Gualdo Tadino si rinnova la tradizione del San Niccolò vestito di paramenti sacri e con una gran barba bianca che, accompagnato da due servitori, passa di casa in casa e porta doni ai bambini, questo pozzo bello e imponente fu sceso fin dove sarebbe stato necessario frazionare, ma ne mancò il tempo e così Vittorio Carini, in squadra con Celestino Petrelli e Mara Loreti, risalendo senza aver toccato il fondo, pose fine alla campagna esplorativa del 1982, prima che la neve e l'inverno si riappropriassero della montagna. Il Gruppo Speleologico Gualdo Tadino aveva condotto con saggezza l'esplorazione, centellinandone l'emozioni e ripartendo tra tutti i componenti le responsabilità ed il piacere dell'avventura, operando per quanto possibile in sicurezza, in una grotta resa difficile da massi instabili, dalla fragilità degli strati di selce, dalle strettoie che collegano un pozzo all'altro. Una cura particolare fu dedicata all'armo, con soluzioni nuove, in gran parte dovute alla lettura di "Techniques de la Spéléologie Alpine" (Marbach - Rocourt 1980). Fu installata una linea telefonica che permetteva di comunicare con l'esterno, dove c'era sempre qualcuno del Gruppo in contatto. Un modulo esplorativo pesante, con tanti uomini affollati in grotta, con tanto materiale, apparentemente spropositato, un modulo che ha voluto previlegiare la ricerca collettiva, la crescita di un Gruppo intorno alla sua grotta, senza fretta, senza bruciare un sogno durato molte stagioni. Il 10.04.1983 Mara Loreti, Celestino Petrelli, Mauro Tavone completarono la discesa del pozzo San Niccolò e proseguirono lungo una faticosa faglia fino ad affacciarsi in un altro pozzo. Un bel pozzo, il Tagina (P. 26), sceso il primo maggio da Giancarlo Matarazzi e Giuseppe Venarucci, con Vittorio Carini e Carlo Troni ad attenderli sull'orlo. Fu individuato, sul fondo, il meandro dei Mazzaburelli, poi, usciti in una notte di nebbia, ci si perse sulla costa del monte Serra Santa fino a che non vedemmo il faro provvidenziale del pulmino del Gruppo, con i soliti Fabio Ippoliti e Pier Giuseppe Moroni in paziente attesa. 08.05.83: Vittorio Carini, Mara Loreti, Giuseppe Venarucci penetrano nei Mazzaburelli, superando in arrampicata i primi tre salti ed arrestandosi in cima all'ultimo, che fu armato e disceso il 19 giugno da Giuseppe Venarucci, Celestino Petrelli e Giancarlo Matarazzi. Era questo il fondo della grotta, m -207. "Brenco, fantasma di mari lontani al di là della memoria e dell'immaginazione, un sogno cattivo, un soffio sottile che turba la mente, la ragione che si contorce in squarci di roccia, si offusca di fango, sogna vuoti dietro l'ombra di niente, nel buio disperante oltre l'ultima fessura...": venne il nome della prosecuzione prima della sua scoperta, tanto caparbia era la volontà di proseguire oltre il fondo. Gli scavi verso le terre di Brenco, il sogno cattivo che sveglia di notte nell'immaginario del popolo di Gualdo, cominciarono subito, a oltre m -200 di profondità. Sette uscite nel resto del 1983, in cui si prodigarono Mara Loreti, Arnaldo Polidoro, Vittorio Carini, Giuseppe Venarucci, Sergio Spinosi, Celestino Petrelli, Giuseppe Pasquarelli e Mauro Tavone; poi nel 1984 altre 21 uscite con 79 presenze complessive: agli speleologi citati per l'anno precedente si aggiunsero Giancarlo Matarazzi, Tiziano Bensi, Aldo Paoletti, Piero Salerno, Mauro Bianchini, Enzo Bozzi e Pierdomenico Baldelli. Solo in ultimo, liberando un cunicolo ostruito, si penetrò prima in una cupoletta poi in altri cunicoli, dove il 24 novembre irruppe Tiziano Bensi vedendo, per una di quelle allucinazioni che talvolta colpiscono gli esploratori del mondo sotterraneo, vasti ambienti dove a stento si riusciva a girarsi: quelle erano le terre di Brenco, vero incubo di cunicoli e di fango. Il 1984 fu l'anno del terremoto: il 29 aprile la scossa di VII-VIII grado Mercalli delle ore 07.03 bloccò la partenza di ben tre squadre verso la grotta. Ma il 19 maggio Mauro Tavone, Piero Salerno, Mara Loreti, Giuseppe Venarucci e Vittorio Carini, entrati in grotta alle 15.30 per uscirne alle 01.30 del mattino dopo, furono oltrepassati da una scossa di V grado sul fondo di Buco Bucone senza averne consapevolezza alcuna: né altri danni in ogni modo il sisma provocò nella grotta, tanto che rimasero nella loro incerta posizione alcuni massi in bilico, ancora visibili sulla destra di chi scende il pozzo Cecapolli. L'ultima frase può esser ripetuta anche dopo il più forte terremoto che colpì Gualdo Tadino nel 1997-1998, che nessuna conseguenza portò alla morfologia delle nostre grotte: di quali più tremende forze, di quali violenti movimenti sotterranei sono allora testimoni le fratture ben visibili nei tratti concrezionati dei Mazzaburelli, fratture poi saldate dal lento trascorrere dei millenni? Brenco conobbe altri scavi nel 1985, ben 11 giornate, ma ormai era difficile sperare in continuazioni percorribili: dopo un paio d'uscite nel 1986 si abbandonò l'operazione di disostruzione sul fondo, anche se il definitivo disarmo della grotta avvenne solo nel 1988. Agli ultimi scavi partecipò anche una nuova generazione di speleologi, accanto alla "vecchia guardia": Massimiliano Anderlini, Carlo Traversari, Andrea Ragugini, Luca Santarelli, Enrico Bazzucchi, Alfredo Frillici. Nel frattempo si erano tentate altre vie di prosecuzione, affrontando risalite di camini e fratture. Il 17.07.1983, una breve risalita di una colata calcitica in zona Cecapolli aveva impegnato Vittorio Carini, Mauro Tavone e Mara Loreti, senza portare a nuove scoperte. 01.07.84 e 06.07.84: è la volta del pozzo Narciso (P.34), prolungamento verso l'alto del Tagina, "una via che sale verso niente, bella e futile, così Narciso specchia la sua splendida immagine nel Tagina e nel Tagina scompare". Ne furono protagonisti Mara Loreti, Piero Salerno e Mauro Tavone. Probabilmente il Narciso è la continuazione di un pozzetto (P.10) accanto al pozzo San Niccolò, esplorato il 26.06.83 da Mauro Tavone, Vittorio Carini e Mara Loreti, ma tale connessione non è stata provata. Per ultima l'alta frattura che sale alle spalle degli attacchi del Cecapolli, risalita senza trovare altre vie da Tiziano Bensi e Aldo Paoletti il 15.06.1985. L'opera di rilevamento topografico, dovuta maggiormente al lavoro di Giuseppe Pasquarelli e Celestino Petrelli, fu completata il 02.07.1983, con aggiunte posteriori per le parti di nuova esplorazione: la precisione del rilievo è stata ampiamente confermata da successivi controlli delle quote con altimetri digitali. Interessanti le ricerche effettuate sui pollini fossili dei fanghi di Brenco, a cura di Mara Loreti, presso l'Università di Modena, lavoro protrattosi per più anni. Buco Bucone fu protetto da un cancello di ferro, posto dal GSGT il 01.10.1981 (Pier Giuseppe Moroni, Graziano Anderlini, Mauro Tavone). Per il successivo e progressivo allargarsi di un altro ingresso comunicante col vecchio, fu necessario ricorrere ad un'altra grata di protezione, messa in loco il 12.06.1987 (Enzo Bozzi, Vittorio Carini, Andrea Micheletti, Piero Salerno). L'armo fu rafforzato con attacchi longlife in occasione di una campagna per la prevenzione d'incidenti in grotta voluta dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, Squadra di Perugia, il 17.03.91 ed il 24.03.91 (Enzo Bozzi, Vittorio Carini, Celestino Petrelli, Carlo Traversari, Giuseppe Venarucci). La grotta è stata più volte utilizzata per esercitazioni delle squadre di soccorso del CNSAS, per corsi sezionali di speleologia, per corsi della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia, per esami d'accertamento per istruttori di speleologia, per prove d'usura delle corde a cura della Commissione Materiali del CNSASS, per prove di localizzazione interno - esterno con apparecchiature tipo Arva. Infine nella grotta è stato posto un rilevatore di fenomeni sismici a cura dell'Osservatorio Sismico di Perugia.
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